Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
When evening comes, I return home and enter my study; on the threshold I take off my workday clothes, covered with mud and dirt, and put on the garments of court and palace. Fitted out appropriately, I step inside the venerable courts of the ancients, where, solicitously received by them, I nourish myself on that food that alone is mine and for which I was born; where I am unashamed to converse with them and to question them about the motives for their actions, and they, out of their human kindness, answer me. And for four hours at a time I feel no boredom, I forget all my troubles, I do not dread poverty, and I am not terrified by death. I absorb myself into them completely.
—Niccolò Machiavelli, letter to Francesco Vettori, Dec. 10, 1513 (transl. J.B Atkinson & David Sices, Machiavelli and his Friends: Their Personal Correspondence, pp. 262-65 (1996))